Quale ruota? 29, 27.5 o 26 ? Parte 3


Tratto da http://www.mtbcult.it/

Provi la 26″, provi la 27,5″, ma solo dopo aver capito che cos’è una 29″ riesci a farti un’idea più chiara e precisa sui tre diametri di ruota. E sulle loro motivazioni tecniche.
La 29″ è la ruota grande.
Le altre due sono le ruote piccole che differiscono di poco più di un pollice fra loro.
Le 29er portano in dote il vantaggio del migliore roll over (o capacità di superamento degli ostacoli), di un grip superiore e di una maggiore stabilità che, per contro, comporta anche una maggiore lentezza nei cambi di direzione e di velocità.
Per queste motivazioni le 29er hanno conquistato schiere di appassionati perché cambiano la guida della Mtb in maniera netta.
Per alcuni in maniera vantaggiosa, per altri meno.
Dipende dagli usi, dai sentieri e dal manico.

Quando si parla di manico... Ecco come una 29er (una Trek Remedy 29) può essere utilizzata. Lui è Andrew Shandro, però...

Quando si parla di manico… Ecco come una 29er (una Trek Remedy 29) può essere utilizzata. Lui è Andrew Shandro, però…

Ma le differenze le vedi (esteticamente) e le senti (pedalando e curvando) subito.
Allora viene da chiedersi: se la 29er ha un carattere così palesemente differente da quello di una 26″, a cosa serve una 27,5″ che, in sostanza, per i motivi visti in questo articolo, differisce di poco (1,08″ in termini di diametro) rispetto alla 26″?
La differenza di comportamento e prestazioni fra una 27,5″ e una 29″ rimane sensibile, ma comunque molto meno marcata come fra 26″ e 29″.
C’è bisogno davvero di avvicinare il diametro più piccolo di ruota a quello di una 29″?
Forse no, forse sì.
La percezione degli utenti, però, è chiara: la 29er ha cambiato la Mtb e l’intero mercato della Mtb, lo ha vivacizzato perché ha una serie di motivazioni tecniche (che andremo a menzionare fra poco) che convince sempre più persone.
E in un momento di crisi economica, pur di vivacizzare il mercato, si sta utilizzando il principio (vincente per le 29er) “ruota grande=più vantaggi” anche per la 27,5″.
Sembra proprio un’azione di marketing, quindi.
Come abbiamo visto in questo articolo, inoltre, la 27,5″ è più simile a una 26″ che a una 29″, così come è vero che l’industria della Mtb, ad oggi, ha deciso che lo standard futuro sarà 27,5″.
Volenti o nolenti, vedremo sempre più 29″ e 27,5″, perché chi produce bici ha deciso così.

Niner è stato il marchio che lanciato con successo le 29er. L'idea originale però è stata di Gary Fisher. Nella foto la Niner Air 9 Carbon.

Niner è stato il marchio che lanciato con successo le 29er. L’idea originale però è stata di Gary Fisher. Nella foto la Niner Air 9 Carbon.

PERCHE’ E PER CHI E’ LA 29″?
Se agli esordi era il diametro di ruota per le gare Xc e Marathon, adesso, con l’evolversi dell’esperienza dei costruttori, la 29er è anche una bici per l’all mountain e addirittura per l’enduro.
I progressi compiuti su questo standard di ruote sono davvero impressionanti e lo sono anche le conseguenze: le hardtail da 26″ sono sparite e stanno sparendo anche le full da Xc da 26″.
Il fenomeno 29er è stato inizialmente snobbato e solo pochi marchi ne hanno compreso le potenzialità.
Gary Fisher l’ha lanciato in un momento non propizio, Niner l’ha ripreso e ha fatto del 29 pollici una religione e infine Specialized, quando è arrivata alla convinzione di poter fare delle 29er efficienti, l’ha fatto diventare un fenomeno planetario.
Rispondiamo, però, alla domanda del titolo: per chi è la 29″?
Potenzialmente per una schiera vastissima, perché la 29er è vero che paga una maggiore lentezza nei cambi di direzione e di velocità, ma è anche vero che le nuove geometrie, i componenti specifici di ultima generazione e il maggiore grip delle ruote comportano un vantaggio innegabile per tutti.
E’ questione di stile di guida e di percorsi sui quali si pedala.
Al momento alla 29er è legata l’immagine di bici lenta e più rilassata. Ma non è più così.
Guardate l’Xc.
Guardate le nuove trail bike da 110-130 mm.
E addirittura le nuove bici da enduro.
La 29er non ha smesso di evolversi, semmai è la 27,5″ che sta catalizzando l’attenzione dei più.
La 29er, quindi, andrebbe riconsiderata con maggiore attenzione e al netto dei pregiudizi iniziali che la disegnavano come lenta e impacciata.

Fino a 5-6 anni fa una full da Xc 29er non destava grandi entusiasmi. E oggi invece con 100 mm di travel si davvero forte. Ecco la nuova Canyon Lux 29.

Fino a 5-6 anni fa una full da Xc 29er non destava grandi entusiasmi. E oggi invece con 100 mm di travel si davvero forte. Ecco la nuova Canyon Lux 29.

La reattività
Vuoi una 29er snella? Ecco come si fa: angolo di sterzo “in piedi” che, fra l’altro, permette di contenere l’interasse, carro corto (sotto i 44 cm se possibile) e baricentro basso.
Facile, no? In teoria sì, nei fatti pochi sanno realizzare 29er che davvero si comportino in modo snello.
Un bell’aiuto arriva dalle ruote che sono il componente che maggiormente inficia l’agilità di queste bici grazie all’adozione sempre più frequente di cerchi in carbonio.
Il costo è ancora alto, ma danno dei vantaggi che soprattutto su una 29er sono particolarmente avvertibili: più leggerezza, più rigidità (ma senza essere eccessiva come su una 27,5″ o su una 26″) e, quindi, più agilità.

Facilità di guida
Qui siamo ai massimi livelli, perché le ruotone passano sopra a ostacoli insidiosi con più facilità. La traiettoria può essere meno curata e sporca perché la 29er tollera di più.
E se avete talento nella guida una 29er vi porta a raggiungere velocità superiori alle vostre aspettative perché tanti passaggi riescono con maggiore fluidità.
Certo, occorre fare la mano a reazioni generalmente meno immediate, ma detto ciò la 29er ha un grande potenziale.
Tanto in discesa, quanto in salita.
Avete mai provato a fare con una 29er una salita su sterrato alzandovi sui pedali? Bene, provate a farlo con una 26″…
Che cosa rimpiangerete di una 26″, invece? Il fatto che le ruote di una 29″ sono piantate per terra e con maggiore fatica si riesce a fare bunny-hop, impennate e manual.

Ecco la bici che sta cambiando il modo di percepire le 29er: la Specialized Enduro 29.

Ecco la bici che sta cambiando il modo di percepire le 29er: la Specialized Enduro 29.

La stature del biker
Questo discorso lo avevamo già affrontato, in realtà, con la 26 pollici.
Le 29er non sono pensate come le bici per chi ha una statura maggiore.
Le 29er danno vantaggi anche a chi è alto un metro e 65.
Avevamo accennato al discorso della corretta proporzione fra diametro delle ruote e statura che può avere una sua valenza, ma, a nostro modo di vedere, è secondaria rispetto alle motivazioni puramente tecniche che sono alla base delle 29er.
Ad ogni modo analizziamo il perché una persona di statura maggiore necessiterebbe di una Mtb con ruote di diametro maggiorato.
Se la statura è maggiore il baricentro dell’insieme bici+ciclista si sposta verso l’alto.

Quando la statura non influisce sul diametro delle ruote: Emily Batty corre una 29er Trek da diverse stagioni.

Quando la statura non influisce sul diametro delle ruote: Emily Batty corre una 29er Trek da diverse stagioni.

Di conseguenza, se una 26″ non è dimensionata in modo corretto ovvero non ha una geometria che tenga realmente conto del baricentro più alto, in caso di ostacolo il rischio di cappottamento (o di overbar) è maggiore. Una 29er, grazie alle sue doti di roll over, è meno incline a impuntarsi e a cappottare e quindi infonde maggiore sicurezza di guida.
Inoltre, sovente a una statura maggiore corrisponde anche un peso corporeo maggiore e una ruota da 29″ garantisce maggiore controllo e ripartisce il peso di bici+ciclista su una circonferenza più ampia, riducendo il carico di stress per unità di superficie.

La facilità di superamento degli ostacoli
E’ la dote che ha reso celebre e apprezzato questo diametro di ruota. Gli altri due diametri non vantano un roll over così marcato.
Il grafico di sotto (realizzato e fornito dalla Scott) ne dà una rappresentazione visuale.

La capacità di superamento degli ostacoli per i tre diametri di ruota.

La capacità di superamento degli ostacoli per i tre diametri di ruota.

Le 29er garantiscono una marcia più regolare e una velocità più costante tanto in discesa quanto in salita.
Il diametro maggiore e, quindi, una massa inerziale maggiore generano un effetto volano tanto più marcato quanto più pesante è la ruota.
Se si procede a velocità costante può dare benefici, ma se si devono variare spesso direzione e velocità diventa uno svantaggio.
L’adozione di materiali sempre più leggeri (come cerchi in carbonio e tubolari nell’Xc) ha ridotto molto questo aspetto negativo, ma la 29er rimane comunque una bici che richiede un’attenzione diversa nel modo di gestire la pedalata.
L’accelerazione è generalmente più lenta e chi pedala ne deve sempre essere consapevole.

Il comfort
Questa dote deriva dalla capacità di roll over che, ovviamente, su una 29er è molto marcata. E’ il diametro di ruota più confortevole e, come detto precedentemente, meno impegnativo da guidare.
Permette di coprire distanze maggiori perché è meno stressante per la muscolatura e tollera maggiormente gli errori di chi guida.
Se cercate una bici di facile conduzione orientatevi su una 29er, ma sappiate che è sbagliato etichettarla come la bici per chi va piano.
Avete mai provato una Specialized S-Works Enduro 29? O una delle tante 29er da Xc?

Far perdere aderenza a una ruota da 29 pollici è molto più difficile.

Far perdere aderenza a una ruota da 29 pollici è molto più difficile.

La leggerezza
Nota dolente: le 29er, a parità di caratteristiche tecniche, pesano di più degli altri due diametri.
C’è poco da fare.
Si possono alleggerire cerchi, raggi e copertoni, ma il gap, a sfavore della 29er, rimane.

Per quali utilizzi?
La gamma è molto vasta e ha raggiunto anche l’enduro. In generale si può dire che le 29er sono per utilizzi di lunga durata (anche enduro), sono per chi punta a una velocità media alta e magari su terreni che conosce poco o non conosce affatto.
Non ha una reale vocazione fun, ma i suoi connotati stanno pian piano cambiando.
Il lavoro che i costruttori stanno facendo sulle geometrie dei telai e sulla scelta dei componenti li sta ripagando.
Lo ribadiamo: ciò che conta è non approcciare alle 29er pensando che siano delle bici impacciate. Sarebbe un grave errore di valutazione.

Rivendibilità dell’usato
E’ buona e tale rimarrà ancora a lungo, soprattutto, ovviamente, per i marchi premium.
Uno degli aspetti che più di tutti va valutato di un usato 29er (oltre alle condizioni generali, ovviamente) sono la qualità delle ruote e l’anzianità della geometria.
Le prime 29er hanno una guidabilità molto differente da quella dei modelli più recenti. Uno step notevole è stato compiuto negli ultimi 2-3 anni, quando le 29er hanno iniziato a comparire anche fra le trail bike e le bici da all mountain. Questa espansione-evoluzione ha portato effetti positivi anche negli altri ambiti, come l’Xc, nei quali la 29er aveva già uno zoccolo duro di estimatori.

Nel mondo dell'usato la 29er mantiene il suo appeal. Attenzione al tipo di ruote montate, particolare molto importante per questa tipologia di bici.

Nel mondo dell’usato la 29er mantiene il suo appeal. Attenzione al tipo di ruote montate, particolare molto importante per questa tipologia di bici.

E l’evoluzione continua.
Le bici migliorano.
Il numero di praticanti aumenta.
E l’usato rimane comunque una piazza interessante sulla quale affacciarsi, soprattutto se sono le tasche a imporlo.
Acquistare una bici, oggi, equivale sempre più, concettualmente, ad acquistare uno smartphone o una fotocamera: bisogna accettare il fatto che presto o tardi questo oggetto verrà decretato come vecchio.
Il mondo dell’usato è una faccenda che sembra riguardare solo i rivenditori, gli utenti e in parte chi importa-distribuisce.
E’ il lato del commercio che i produttori preferiscono non considerare troppo.
Loro decidono che cosa produrre.
A noi, però, spetta di valutare se è il caso di comprare oppure no.

In conclusione…
Sui tre diametri, a questo punto, speriamo vi siate fatti un’opinione più concreta.
Noi vi abbiamo dato (e continueremo a darvi) delle linee guide quanto più possibile super partes.
Adesso aspetta a voi decidere e, se avete altre domande, scriveteci e fateci sapere che cosa ne pensate sui tre diametri di ruota.

Se vi siete persi le puntate precedenti, qui abbiamo parlato della 26 pollici e qui della 27,5 pollici.

Quale ruota? 29, 27.5 o 26 ? Parte 2


Tratto da: http://www.mtbcult.it/

Partiamo con un numero: 8,6 cm.
Questo rappresenta la differenza fra la circonferenza di una ruota da 26″ e una da 27,5″, con lo stesso pneumatico (Schwalbe Hans Dampf da 2,35″) e alla stessa pressione, circa 40 Psi (guardate la gallery fotografica per vedere come abbiamo eseguito queste misurazioni).

Ecco il risultato finale: la 27,5" ha una circonferenza maggiore di 8,6 cm rispetto a quella della 26".

Ecco il risultato finale: la 27,5″ ha una circonferenza maggiore di 8,6 cm rispetto a quella della 26″.

E’ tanto?
E’ poco?
Proviamo a elaborare questo risultato diversamente. La nostra misurazione ha portato a questi dati:

– la circonferenza di una ruota con gomma da 26″ è di 211,9 cm.

– la circonferenza di una ruota con gomma da 27,5″ è di 220,5 cm.

Fatti i dovuti calcoli e conversioni in pollici si arriva alla misura del raggio e quindi al diametro effettivo di una ruota con gomma da 26″ che è di 26,56″.
Per una ruota con gomma da 27,5″, invece, è di 27,64″.
La differenza reale fra i due diametri, quindi, è di 1,08″. E non 1.5″.
Non stiamo scoprendo nulla di realmente nuovo: la misura 27,5″, infatti, è solamente nominale, per far sì che “cada” perfettamente a meta strada fra 26″ e 29″.
Ma la realtà delle cose, pur ammettendo che la nostra misurazione possa essere affetta da una certa percentuale di errore, è diversa.
Domanda: quanto sono importanti questi risultati numerici? Lo sono più delle sensazioni che si ricavano in sella alle varie 27,5″?
Per fare in modo che possiate costruire una VOSTRA opinione porremmo la ruota da 27,5″ dinanzi alle stesse situazioni cui abbiamo posto ieri la ruota da 26″.
I numeri tout-court potrebbero non significare nulla.

La rivoluzione 27,5 nel mondo dell'Xc l'ha iniziata Nino Schurter con la Scott Scale.

La rivoluzione 27,5 nel mondo dell’Xc l’ha iniziata Nino Schurter con la Scott Scale.

PERCHE’ E PER CHI E’ LA 27,5″?
Sta diventando il diametro di ruota per le bici da enduro e si sta affacciando da diverse stagioni con maggiore decisione anche nell’Xc.
La ruota da 27,5″ dilaga e sfrutta la breccia aperta dalla 29″, la vera misura “game changer”, per entrare con crescente successo in tantissimi ambiti della Mtb.
Nell’Xc grazie alla Scott Scale di Nino Schurter, fra le trail bike, nell’enduro e anche nella Dh. Con questi presupposti la 27,5″ è una ruota che vuole rivoluzionare tutto, al pari della 29″, solo che il diametro inferiore le può veramente permettere di salire a bordo di qualunque modello di Mtb.
Quindi, per rispondere alla domanda del titolo, la 27,5″ è una ruota potenzialmente per tutti, tanto quanto lo è stata la 26″ fino a qualche stagione fa. Fino a quando, in pratica, abbiamo iniziato a porci domande sul diametro della ruota.
La colpa (ammesso che si tratti di una colpa) di tutto questo polverone è della 29″ che ha aperto una breccia nel cuore di un numero sempre crescente di utenti e ci ha fatto capire che, sì, il diametro delle ruote di una Mtb non deve per forza essere di 26″.
C’è chi ha abbracciato subito lo standard delle routone e c’è chi invece è rimasto fedele alla 26″.
Adesso, tutti, gli scettici, i reticenti, i puristi, i fedelissimi della 26, ma anche tutti coloro che sanno cosa significa guidare una 29er (e ne apprezzano i benefici) si trovano davanti a un sentiero che va verso la 27,5″.
Forse non ci si convertirà nel 2014 e forse nemmeno nel 2015. Ma è bene sapere che la 27,5″, grazie a tutti quei marchi che già stanno sfornando telai e componenti sfavillanti con questo standard, sarà quasi certamente il futuro di tutti noi.
O meglio, di tutti coloro che non hanno scelto la 29 pollici.

Sono tanti i big nell'enduro che hanno utilizzato già quest'anno la 27,5" in gara. Come Nicolas Vouilloz.

Sono tanti i big nell’enduro che hanno utilizzato già quest’anno la 27,5″ in gara. Come Nicolas Vouilloz.

La reattività
La differenza di diametro con la 26″, come abbiamo visto, è minima e questo significa una rapidità nei cambi di direzione e di velocità comunque molto alta. Non è un caso che la 27,5″ abbia conquistato il settore dell’enduro, dove agilità e rapidità (abbinate a solidità) sono cruciali.
L’utilizzo dei cerchi in carbonio, poi, permette di arrivare ad una sveltezza nella guida che non fa rimpiangere le ruote da 26″, purtroppo però a prezzi non facilmente raggiungibili da tutti.
Il fattore reattività delle 27,5″ è fortemente influenzato dal peso delle ruote. Il grafico di sotto (fornito ed elaborato dalla Scott) mostra la differenza media di peso fra i tre diametri di ruota.

Differenza peso ruote

Se le ruote in carbonio permettono di raggiungere livelli di maneggevolezza e sveltezza simili a quelli delle 26″, la facilità di guida non sempre ne è avvantaggiata (come abbiamo visto in questo articolo).

Facilità di guida
Un pollice in più di diametro (ossia 2,54 cm) può fare a differenza? Sì, ma non è una differenza netta come nel caso della 29″ (di cui parleremo domani).
Ciò che si può apprezzare è il maggiore grip (dovuto ad una superficie di contatto maggiore fra gomma e terreno) rispetto alla 26″ e questo significa più controllo in curva e meno slittamenti della ruota motrice in salita. La 29″ è più avvantaggiata, ma la 27,5″ ha dimostrato di essere un compromesso efficace, comunque più efficace di una 26″.
In discesa la ruota di misura mediana mette d’accordo la maggiore inerzia delle ruote da 29″ con la reattività delle 26″ e il mix è molto interessante. La validità tecnica, insomma, non manca, ma sappiamo anche che questo non è sufficiente a placare gli animi di coloro che pensano che la 27,5″ sia solo una manovra di marketing e solo uno stratagemma per far cambiare le bici.
L’obiettivo di tutti i produttori è vendere, ma la decisione su quando e cosa comprare spetta al singolo utente.

Il cerchio in carbonio aumenta la leggerezza, ma incrementando la rigidità torsionale della ruota, per apprezzarne i benefici richiede una guida più precisa e pulita.

Il cerchio in carbonio aumenta la leggerezza, ma, incrementando la rigidità torsionale della ruota, per apprezzarne i benefici richiede una guida più precisa e pulita. Nella foto le Enve Am 650B

La statura del biker
Con i connotati di misura mediana, la gamma di taglie possibili per le 27,5″ è estremamente ampia e rispecchia in tutto e per tutto quella delle 26″.
I produttori del resto si stanno adoperando per far sì che la 650B diventi un giorno la misura di ruota più piccola. Quando ciò avrà luogo è difficile predirlo in questo momento.
La statura del biker, come spiegato per la 26″, non dovrebbe influire sulla scelta del diametro delle ruote.

La facilità di superamento degli ostacoli
Una bici da 27,5″ è più facile da guidare di una 26″ perché le ruote di diametro maggiore, grazie a un angolo di attacco ridotto, riescono a superare meglio gli ostacoli.
Non è una differenza netta, ma comunque apprezzabile, specie negli usi prolungati, ovvero sulle lunghe distanze, sulle lunghe salite e altrettanto nelle lunghe discese, dove ogni piccolo aiuto, a fine gara o a fine uscita, viene avvertito e apprezzato e spesso può essere quantificato in secondi.
Proviamo per un attimo a giocare con “i se e i ma”: Jerome Clementz ha vinto il primo titolo Enduro World Series in sella a una Cannondale Jekyll da 26″. Questo può avere indotto molti a pensare che la 26″, comunque, è ancora superiore alla 27,5″.
E se Jerome Clementz avesse corso con una Jekyll da 27,5″ avrebbe vinto con un margine ancora maggiore?
La risposta probabilmente non l’avremo mai, nemmeno quando arriverà la Jekyll da 27,5″ (leggete qui) perché a quel punto i valori campo saranno cambiati.
Tornando alla realtà delle cose, la 27,5″ aiuta a superare meglio gli ostacoli, ovvero a guidare più velocemente e con minore impegno rispetto alla 26″. I margini, come detto, sono risicati, ma comunque esistenti.

Non stupitevi se in sella alla 27,5" si riescono a fare numeri in stile 26"...

Non stupitevi se in sella alla 27,5″ si riescono a fare numeri in stile 26″…

Il comfort
Se supera meglio gli ostacoli, la ruota da 27,5″ è anche più confortevole. Senza dimenticare che, considerando lo stesso incrocio dei raggi e un cerchio di caratteristiche analoghe, una ruota da 27,5″ assorbe meglio gli impatti perché i raggi, essendo più lunghi, possono flettere di più rispetto a una ruota da 26.
Questo discorso è molto più avvertibile su una ruota da 29″, ma il principio è il medesimo.
Tutto ciò si traduce in minore impegno nella scelta della traiettoria, perché le ruote da 27,5″ tollerano di più le asperità del fondo e in una certa (contenuta) misura anche gli errori di chi guida
Ciò detto, per essere efficaci in discesa si deve comunque guidare come se si stesse usando una 26″, ovvero con la massima attenzione a dove si mettono le ruote.
A fine discesa, comunque, il vantaggio lo si avverte sulla muscolatura e magari anche con il cronometro.

La leggerezza
L’aumento di peso c’è, ed è indiscutibile, e lo si cerca di arginare utilizzando cerchi in carbonio che, però, possono alterare anche la guidabilità. La 27,5″ comunque comporta un aggravio di peso che Scott, uno dei primissimi marchi leader a credere in questo diametro, ha quantificato mediamente del 5%.
Rispetto alla 29″, comunque, la differenza è a vantaggio della 27,5 pollici e nemmeno di poco.

Ecco la Intense 951 Evo, una delle primissime bici da Dh ad essere predisposta anche per le ruote da 27,5.

Ecco la Intense 951 Evo, una delle primissime bici da Dh ad essere predisposta anche per le ruote da 27,5.

Per quali utilizzi?
L’industria della Mtb sta sposando la misura mediana di ruota per utilizzi che vanno dall’Xc all’enduro e di recente fino alla Dh. Cioè tutta la gamma possibile. Questo perché il diametro delle ruote è, sì, più grande, ma non troppo grande per arrivare a travel anche di 216 mm come sulla Intense 951 Evo.
Chi ha bisogno di una bici nervosa e reattiva con ruote da 27,5″ ci può arrivare senza difficoltà scegliendo il materiale e la costruzione più opportuna per le ruote. La rigidità dei telai e delle forcelle non cambia in maniera significativa.
E’ per le ruote di diametro maggiore che Fox e poi tutti gli altri produttori hanno lanciato le forcelle con steli da 34mm e perno da passante da 15″. Per assicurare agli utenti prestazioni e precisione di guida non lontane dalle forcelle per ruote da 26″.

Rivendibilità dell’usato
Potenzialmente è molto alta, ma è difficile quantificarla perché di bici usate con questo diametro di ruote oggi non se ne trovano molte. Può succedere di beccarne una per via di un errore nella scelta della taglia del telaio.
Se è vero che il diametro più piccolo di ruota sarà un giorno la 27,5″ è facile immaginare che sul mercato dell’usato una Mtb con ruote 650B venga valutata con interesse. Ovviamente la quotazione dipende da tanti fattori, come marca, allestimento e condizioni generali.
Rispetto alle prime 29″, poi, la 27,5″ potrebbe avere un vantaggio.
Se ricordate, appena arrivate sul mercato le 29″ non avevano l’aspetto intrigante e la guidabilità di quelle di adesso, perché chi le produceva non aveva ancora un’esperienza adeguata. Quindi, i primi modelli sul mercato dell’usato generalmente hanno perso rapidamente quote di interesse.
Le 27,5″, invece, sfruttano la “parentela” dimensionale con le 26″ e in moltissimi casi l’esperienza di chi ha prodotto 29er fino ad oggi.
Il risultato sono bici straordinariamente mature, equilibrate e guidabili.
Se le 650B stanno avendo tanto successo (e si presume che ne avranno sempre di più), fra le varie ragioni, quest’ultima non è affatto da trascurare.

Il discorso prosegue qui con le 29 pollici e qui con le 26 pollici

Quale ruota? 29, 27.5 o 26? Parte 1


Tratto da http://www.mtbcult.it/

La scelta della bici e del telaio sta diventando un dilemma.
Da un lato c’è la situazione economica generale che impone delle spese quanto meno ponderate e dall’altro, invece, la difficoltà oggettiva (o chiamatela imbarazzo della scelta) nello scegliere un diametro di ruota piuttosto che un altro.
Come fare allora? Come decidere quale bici acquistare, nuova o usata che sia, per la prossima stagione?
Le novità 2014 ormai le conosciamo (altrimenti cliccate qui) e solo pochi hanno le idee chiare.
Il diametro della ruota è il primo dilemma che ci si trova a fronteggiare. Lo avevamo già affrontato in questa serie di articolidiversi mesi fa e ieri dopo un’uscita su una “vecchia” 26″, ma alla luce di ciò che vedremo nei negozi la prossima stagione è necessario rifare il punto della situazione, basandoci sulle impressioni ricavate fino ad ora in sella alle ultime 27,5 e 29 pollici.
Prima domanda: per chi è pensata, oggi, una 26″?

PERCHE’ E PER CHI E’ LA 26″?
Solitamente più corta, più snella, più leggera, ma anche più nervosa, più instabile e più in difficoltà sugli ostacoli. Il diametro di 26″, che nel catalogo di molti costruttori è sparito sui modelli di maggiore interesse, rischia di fare una fine ingloriosa e immeritata, a discapito di altri diametri di ruota che stanno prendendo piede.
Più che ragionare sul perché di tali scelte occorre valutare una serie di ragioni che possono aiutarci a capire se e come una 26″ ha ancora motivo di essere utilizzata in base alle proprie preferenze. E magari acquistata, anche di seconda mano.
Affrontiamo l’argomento 26″ per temi, gli stessi che valuteremo anche per gli altri diametri nelle prossime puntate.

Quando si parla di agilità Jerome Clementz sa come interpretarla con una 26".

Quando si parla di agilità Jerome Clementz sa come interpretarla con una 26″.

La reattività
Se cercate un mezzo veloce e capace di cambiare traiettoria e velocità (sia in accelerazione che in frenata) con la massima sveltezza dovete assicurarvi che abbia ruote da 26″. Non ci sono discorsi che tengano.
Poi subentra un altro fattore, ovvero…

La facilità di guida
Con questo fattore intendiamo l’impegno, anche psicologico, che una bici richiede durante la guida. Una 26″ è tanto rapida nei cambiamenti di traiettoria quanto brusca e nervosa. Di questo ce ne si può accorgere solo provando una 29″. E in seconda battuta una 650B (o 27,5″, chiamatela come volete).
La scelta della traiettoria, qui, diventa preponderante sul resto e lo è tanto in discesa quanto in salita. Improvvisare è facile solo per chi ha manico. Anche per questo motivo (oltre che per motivi dimensionali) la 26″ ancora impera nella Dh.
In salita il grip offerto dalla ruota posteriore è inferiore rispetto a una 29 (per via di una superficie di contatto fra gomma e terreno inferiore) e questo richiede un impegno maggiore a carico del biker.
Quindi, sotto questi punti di vista, una 26″ è più difficile da guidare, se si considerano le prestazioni di cui sono capaci, oggi, le 27,5 e, soprattutto, le 29″.

La statura del biker
Secondo alcuni la 29″ è stata pensata per gli utenti di alta statura, diciamo sopra il metro e 85. Le ruote da 29″ essendo più grandi sono “meglio proporzionate” per stature, appunto, sopra la media.
Secondo questo discorso un rider come Greg Minnaar (un metro e 90) non potrebbe correre nella Dh, perché lì non ci sono 29er. E invece Minnaar nella Dh corre e vince con una 26″.
La statura quindi conta? Secondo noi ha un impatto marginale, perché chi sceglie una 26″ o una 29″ lo fa (o lo dovrebbe fare) per altri motivi.

Greg Minnaar ha vinto il suo terzo titolo Dh in sella a una Santa Cruz V10 da 26".

Greg Minnaar ha vinto il suo terzo titolo Dh in sella a una Santa Cruz V10 da 26″.

La domanda che ci si dovrebbe porre è la seguente: conta di più la corretta proporzione fra diametro ruote e statura o la motivazione tecnica che sta dietro alla scelta di una 26 o di una 29er?
Prendete le atlete dell’Xc. Stature inferiori rispetto ai colleghi maschi e comunque in sella a bici da 29″.
Brutte a vedersi? Forse, ma in discesa si sentono a loro agio. Ovvero preferiscono la motivazione tecnica a quella dell’apparenza.
Le taglie disponibili oggi sulle 26″ sono le stesse che si possono trovare per le 27,5 o per le 29 pollici, ad eccezione di qualche caso.
La statura del biker, quindi, influisce sulla scelta del diametro della ruota se per voi l’estetica ha un peso importante.

La facilità di superamento degli ostacoli
E qui casca l’asino. La 26″ è indubbiamente in difficoltà rispetto agli altri diametri, perché l’angolo di attacco della ruota da 26″ è maggiore.
Per farvi capire meglio facciamo due esempi paradossali.
Immaginate di dover affrontare un piccolo ostacolo, alto due centimetri.
Immaginate di farlo con uno skateboard che ha una ruota di 50-60 mm di diametro.
E immaginate di farlo con una bici da 29″.

Il concetto di angolo di attacco delle ruote è spiegato in questa immagine: le ruote di diametro maggiore "sentono" di più l'ostacolo.

Il concetto di angolo di attacco delle ruote è spiegato in questa illustrazione: le ruote di diametro maggiore “sentono” di meno l’ostacolo. Immagine fornita da Scott.

Risultato?
Lo skate si pianta sull’ostacolo e la 29″ ci rotola sopra.
Adesso dovrebbe risultarvi più facile comprendere come il diametro di una ruota influenzi il roll over, ossia la capacità di passare sopra gli ostacoli.
La 26″ qui è in difficoltà e per essere competitiva richiede maggiore attenzione e capacità nella guida e/o un travel maggiore delle sospensioni (ad esempio nella Dh).

Il comfort
E’ una indiretta conseguenza della capacità di roll over. Proviamo a definire il comfort: un mezzo è tanto più confortevole quanto meglio riesce a filtrare le sollecitazioni che provengono dal terreno.
Messa così, nessuna Mtb può essere definita confortevole.
Proviamo quest’altra definizione: un mezzo è tanto più confortevole quanto più facilmente riesce a mantenere costante la velocità di avanzamento.
Questa definizione è di comprensione meno immediata, ma è la più realistica.
Senza per il momento prendere in considerazione il travel o la tipologia di Mtb, un mezzo che richiede più sforzo per superare un ostacolo e quindi per mantenere costante la propria velocità è un mezzo meno confortevole.
Se a ciò si aggiunge l’impegno a livello di concentrazione che richiede nella scelta della traiettoria più scorrevole, ecco che la 26″, fra i 3 diametri di ruota, è quella meno confortevole.
Se si aumenta il travel a disposizione ovviamente il comfort aumenta, ma, a parità di escursione rispetto alla 27,5 e alla 29 pollici, la “ruota piccola” paga dazio.

Nelle mani giuste una 26" pollici può fare sfaceli, nell'enduro quanto nella Dh. Chiedetelo a Jared Graves...

Nelle mani giuste una 26″ pollici può fare sfaceli, nell’enduro quanto nella Dh. Chiedetelo a Jared Graves…

La leggerezza
La forcella, considerando il medesimo travel, è più corta, i raggi sono più corti, le gomme e i cerchi hanno un diametro inferiore e, in generale, su una 26″ c’è un minor impiego di materiale. Quindi, c’è maggiore leggerezza, sempre a parità di escursione della sospensione con gli altri diametri di ruota.

Per quali utilizzi?
Ovvero, quale tipologia di biker può trarre vantaggi da una 26″?
Le doti ridotte di roll over non la rendono, sulla carta, la bici per le lunghe distanze e in generale per impieghi di lunga durata, anche in discesa. In questo caso per discesa intendiamo l’enduro e le Megavalanche, dove un mezzo che riesce a superare con più disinvoltura gli ostacoli (e soprattutto gli ostacoli imprevisti) è sicuramente avvantaggiato.
La 26″ ha una naturale vocazione per gli utilizzi più fun e, azzardiamo, di durata ridotta, ma non meno intensa. Al momento, infatti, è il diametro ruota d’elezione per la downhill e il 4Cross.

L'eccezione che conferma la regola? Tony Longo ha corso e vinto il campionato italiano Marathon (e altre gare della stagione) con una Bianchi Methanol da 26".

L’eccezione che conferma la regola? Tony Longo ha corso e vinto il campionato italiano Marathon (e altre gare della stagione) con una Bianchi Methanol da 26″.

Rivendibilità dell’usato
Anche qui la 26″ si può trovare in difficoltà, in maniera immeritata e giustificata solo dal fatto che il mercato sta spostando l’attenzione sulla 27,5″.
Ovviamente dipende da quale marchio e di quale montaggio parliamo, ma, in generale, nonostante abbia ancora il suo fascino e la sua validità tecnica, la 26″ è stata messa sul viale del declino e le sue quotazioni sono al ribasso.
Conviene venderla la propria 26″ (ammesso di volerlo fare)?

Sicuri che una 26 pollici come questa oggi valga davvero poco? Le quotazioni dell'usato delle 26", però, sono in ribasso. Fatta salvo ovviamente qualche caso: se la bici o il telaio sono ancora in produzione e se il marchio ha un certo appeal non aspettatevi di fare facili affari.

Sicuri che una 26 pollici come questa oggi valga davvero poco? Le quotazioni dell’usato delle 26″ sono, sì, in ribasso, ma se la bici o il telaio sono ancora in produzione e se il marchio ha un certo appeal non aspettatevi di fare facili affari.

Se la quotazione proposta è valida e soddisfacente sì, ma raramente questo succede.
Piuttosto conviene o tenere la bici intera (e magari cambiare solo il telaio e altri componenti, ma questo argomento lo affronteremo più avanti) oppure, tasche permettendo, aggiungere un’altra Mtb al proprio parco macchine, magari destinata a utilizzi differenti rispetto alla 26″.
Non abbiate comunque fretta di venderla e di cederla alla prima proposta, soprattutto se la bici in vostro possesso ha ancora un certo valore commerciale. La frenesia di passare a una 27,5 o a una 29 pollici potrebbe portarvi a commettere qualche errore.
Il mercato spinge forte sui diametri maggiori di ruota, ma il seguito e l’interesse sulle 26 pollici è ancora molto vivo.
Niente fretta.
Il prossimo anno, statene certi, ancora si parlerà di 26″ e componenti e ricambi saranno ancora disponibili.
In sostanza, se non volete che le 26″ si estinguano nel giro di poche stagioni dipende anche da voi.

Il discorso prosegue con le 27 e mezzo e con le 29 pollici.

PS: l’argomento 26 pollici, a quanto pare, è molto sentito anche all’estero. Qualche giorno fa ci ha scritto un lettore dalla Francia, Cedric Carrez, invitandoci a guardare il suo ultimo filmato. Titolo: 26″ is not dead, tanto per restare nell’argomento.

Una formula molto utile


Prima di una gara o di un giro impegnativo, cerchiamo di avere a disposizione i dati altimetrci e planimetrici del percorso per farci un’idea grossolana di che cosa ci aspetta. A volte però ci chiediamo più recisamente:

Quanto tempo ci metterò a completare il giro?

Mi sono posto anch’io spesso questa domanda anche solo semplicemente per rendermi conto se sarei arrivato a casa in tempo per il pranzo o per accompagnare i figli a un compleanno. Alla fine ho trovato una formula matematica che puo’ essere di grande aiuto. In fisica il tempo percorso è la distanza divisa per velocità media:  t = d / v . Tutto così semplice allora? Niente affatto per almeno due motivi:
1) il dislivello (si sa che in salita si va molto più piano che in pianura);
2) il tipo di fondo (asfalto, ghiaia, erba, ciotolato, fango, ecc) e alle difficoltà tecniche;
Ho quindi diviso il problema in due parti: la prima che tenga conto del dislivello, la seconda del tipo di fondo. Una prima risposta alla domanda è data dalla seguente formula:

t = h / (p_m * v_h) + [ d  –  h / p_m]  / v_o

Spieghiamo il significato di ciascuna variabile:

t  = tempo di percorrenza in ore;
h = dislivello totale in km;
p_m = pendenza media delle salite in percentuale (es. 10% = 0,1);
v_h  = velocità media in salita misurata in km/h;
d  =  distanza totale da percorrere in km;
v_o  = velocità media nei tratti di pianura e discesa;

ESEMPIO 1. Inserisco i dati di un mio giro con le mie caratteristiche:

h   = 1,37 km;
p_m = pendenza media delle salite in percentuale 10% = 0,1;
v_h  = velocità media in salita misurata in km/h = 10 km/h;
d      =  distanza totale da percorrere in km =59 km;
v_o  = velocità media nei tratti di pianura e discesa = 30 km/h

==> il tempo calcolato è:  t = 2,88 h ossia 2  h e 53 ‘ ; TEMPO REALE  T = 2 h 52 ‘ ; La corrispondenza è perfetta.

ESEMPIO 2, Gara Plan de Corones MTB RACE 2013.
h      = 3,37 km;
p_m = pendenza media delle salite in percentuale 10% = 0,1;
v_h  = velocità media in salita = 10 km/h;
d      =  distanza totale da percorrere in km =73 km;
v_o   = velocità media nei tratti di pianura e discesa = 30 km/h

==> il tempo calcolato è:  t = 4,68 h ossia 4  h e 41 ‘ TEMPO REALE  T = 5 h 25 ‘ La corrispondenza non è soddisfacente in quanto c’è da tenere conto del COEFFICIENTE DI DIFFICOLTA’ complessivo dovuto al tipo di terreno, all’altitudine, alle pendenze estreme che si raggiungono (anche 26%)

La differenza è di ben 44 minuti sui 281 calcolati cioè circa un 15% in più.

Introduco allora un COEFFICIENTE DI DIFFICOLTA’ che incide sul tempo totale per un fattore (1 + 0.1*C_D). Se per esempio il C_D fosse 0 (diciamo tutto asfalto o strada bianca con pendenze minori o uguali al 10%) il tempo sarebbe il medesimo di quello calcolato in precedenza.
Con un C_D = 1 il tempo aumenta del 10%;
Con un C_D = 2 il tempo aumenta del 20% ecc.
La gara di Plan de Corones ha un C_D = 1.5.

La formula complessiva è quindi:

t = { h / (p_m * v_h) + [ d  –  h / p_m]  / v_o } * (1 + 0.1*C_D)

CONCLUSIONE
La stima del tempo necessario per completare una gara è un dato importante in tante occasioni pratiche e agonistiche. Può farci capire se per esempio presumibilmente arriveremo prima o dopo un temporale previsto per una certa ora. Esso dipende da tante variabili riguardanti il tipo di tracciato, le condizioni meteo e, ovviamente, l’atleta e il suo mezzo.

Con una formula abbastanza semplice adattata alle caratteristiche di cascun biker è possibile stimare a priori con una buona precisione la durata di un’escursione con amici o di una gara.

MTB

Impostazioni di base per affrontare le curve


DI JACK BISI. IN RAIDA COME MANGI MTB Forum

Abbiamo visto come stare in sella, abbiamo visto che posizione assumere, abbiamo visto come frenare…. oggi vediamo come impostare una curva base. Come ben sappiamo ogni curva è una storia a sé. Il terreno, la pendenza, le buche o le canaline, gli ostacoli etc. ci fanno propendere per una traiettoria piuttosto che per un’altra…

Qui non possiamo andare ad analizzare la singola curva, per questo motivo, iniziando da questa settimana, andremo a valutare alcuni aspetti generali per scegliere sempre la linea giusta e per avere il pieno controllo in ogni situazione.
In particolare oggi parliamo di

CURVA PIANA SU TERRENO LISCIO
Cioè la base delle basi, la curva fatta su single track, su strada bianca o addirittura su asfalto.

Può sembrare forse noioso ma in realtà penso sia una delle curve più difficili da effettuare con sicurezza ad alta velocità (e spesso fa la differenza nelle gare), eppure riuscire ad affrontare una curva ampia e senza ostacoli è la base per poter affrontare tutte le altre situazioni tipiche della mtb.

Iniziamo quindi dalla traiettoria ipotizzando una curva generica in piano.
Come avviene per ogni veicolo su strada liscia, la traiettoria ideale è la famosa: “esterno interno esterno”. Un raggio di curvatura più ampio comporta una velocità maggiore di percorrenza della curva ( o alla stessa velocità una maggior sicurezza di stare in piedi), a questo fa fronte la necessità di percorrere la minor strada possibile. L’unione di questi due aspetti dà luogo alla traiettoria sopracitata.
L’unico appunto che voglio fare riguarda il fatto che non avendo l’acceleratore come i veicoli a motore, la nostra curva sarà il più possibile dolce e progressiva, e questo proprio perché non potremo iniziare ad “aprire” il gas a metà curva, ma dovremo aspettare di averla finita per poter ricominciare a pedalare. Questo significa che per le biciclette non vale l’idea del: “Sacrifico l’entrata per privilegiare l’uscita”. In bici è tutto più difficile, se si “sacrifica” l’entrata si perde preziosa velocità di percorrenza della curva. Se si esagera, per contro, si potrebbe arrivare “lunghi” alla staccata e perdere la linea ideale, perdendo quindi ancora più velocità e dovendo ripartire spesso quasi da fermi. Su un veicolo come il nostro quindi è fondamentale capire la velocità migliore per affrontare la curva e cercare di percorrerla mantenendo tale velocità.
Abbiamo quindi capito che più la nostra traiettoria sarà tonda e morbida e maggiore sarà la nostra velocità di percorrenza, approfondiremo questo aspetto molto presto in una puntata dedicata esclusivamente alle traiettorie migliori per ogni tipo di curva.

Nel disegno Homer Simpson vi mostra come frena di violenza nella zona rossa, conduce aggiustando traiettoria e velocità in quella gialla, e rilancia pedalando nella verde.

Frenata
Questo aspetto è fondamentale nella buona riuscita della curva. Abbiamo appena visto che frenare troppo o troppo poco è sempre controproducente, ma la domanda fondamentale è: Quando frenare e come?
Ebbene abbiamo parlato la settimana scorsa di questo argomento, vorrei riprendere velocemente due aspetti che riguardano il diverso uso dei due freni:
anteriore: per rallentare.
Posteriore: per aggiustare la traiettoria.

É dunque evidente come l’utilizzo dei due freni sia ben distinto, inoltre ricordo che è sempre consigliabile rallentare (e quindi frenare energicamente con l’anteriore) sul dritto, e non in curva (pena lo scivolamento della ruota anteriore con annessa “facciata”).
Per questo motivo dividiamo la curva in tre zone fondamentali:
Staccata (freno ant 100%, freno post continuo ed alla massima potenza frenante senza far bloccare la ruota)
Percorrenza (freno ant 0%, freno post: toccatine solo se e quando serve per tenere/aggiustare la traiettoria)
Rilancio (freno ant 0%, freno post 0%….. e che fai, rilanci a freni tirati???? PEDALAAAA)

NB: con 100% non intendo che dovete pinzare con tutta la forza che avete, intendo che dovrete andare a dosare la forza sulla leva per cercare di avere la frenata più efficiente possibile… utilizzando inoltre le tecniche spiegate nel precedente episodio.

Conduzione
Ok ora siamo alla velocità giusta per noi, entriamo in curva: che posizione dobbiamo assumere?
Le tre regole in ordine di importanza sono:
1- sguardo alto verso l’ uscita di curva.
2- piede esterno basso.
3- corpo che carica la ruota anteriore.
Analizziamo ogni “regola”.

Partendo dal presupposto che noi in bici andiamo dove guardiamo (come avevo accennato nelle scorse puntate se guardiamo intensamente un albero per schivarlo è facile che ci si vada a finire contro), quindi per effettuare bene una curva lo sguardo deve essere rivolto sempre qualche metro avanti a noi, il che significa che una volta che avremo frenato dovremo andare a cercare l’uscita della curva con lo sguardo. Non è che dobbiamo girare la testa di 180° se siamo su una curva a gomito, né bisogna guardare la ruota anteriore, ma qualche metro più avanti, per poter anticipare eventuali buche, canaline, ecc e per avere una posizione più stabile e una conduzione di curva più morbida e consapevole. Questo punto dello sguardo verrà battuto più volte durante queste puntate perché è un problema che si riscontra molto spesso.

Perché il piede esterno basso? Non è vero, come molti credono, che tenere il piede ext basso serva a non far toccare il piede interno a terra durante la piega, quello è un effetto secondario. La realtà è che il piede esterno basso permette di caricare tutto il peso sul pedale esterno che lo trasferisce in toto alle ruote, aumentando quindi decisamente il grip. Per chi scia è chiaro che il piede esterno viene caricato molto di più in curva, per tutti gli altri vi basta fare un semplice giochino per capire il funzionamento di questa faccenda.

Provate a mettervi in piedi con la bici tra le gambe, un piede sul pedale l’altro per terra… poi senza toccare la bici con le mani andate a farla inclinare leggermente alleggerendo la forza esercitata sul pedale, vedrete quindi che andando a rimettere del peso sul pedale opposto (quello su cui avremo il piede nonché unico nostro punto di contatto con la bicicletta) questa torna su in posizione… e questo è proprio dato dal carico che riusciamo ad applicare sul pedale esterno. In curva avviene la stessa cosa.

In questa fase inoltre le gambe sono leggermente piegate (ovviamente l’interna più dell’esterna) e le ginocchia “spingono” verso l’interno della curva. Mi raccomando, non vogliamo vedere curve da moto gp con il ginocchio per terra, ma è importante, per assumere la giusta posizione, andare a ruotare il ginocchio esterno (quello del piede che carica) in modo che spinga verso l’interno curva. Questa posizione ci fa automaticamente spostare leggermente in fuori il sedere e ci dona una stabilità ottima durante la curva. Il ginocchio interno per essere in una posizione ideale deve puntare all’incirca verso la mano interna, più aperto non serve a nulla e rischia di sbilanciarci, più chiuso non permette alla bici di muoversi sotto di noi e rende la posizione molto più instabile).

Attenzione, se avrete la sella regolata all’altezza giusta per far discesa questa andrà a puntare contro il ginocchio/coscia interno e andrà a stabilizzare ulteriormente la nostra bicicletta! (Ben visibile nella foto da dietro).

Il peso del corpo deve infine caricare la ruota anteriore… ebbene sì, bisogna caricare sempre l’anteriore perché come abbiamo visto nella puntata relativa alla frenata il grip si ha aumentando il carico sulle ruote, per questo motivo è fondamentale che la ruota anteriore segua la linea che ci siamo prefissati, la ruota posteriore seguirà senza tanti problemi. Per fare questo, dunque, andiamo a piegare le braccia (come nella posizione base che avevamo studiato insieme, non di più) portando le spalle e la testa circa all’altezza del manubrio (ricordo che qui sto parlando di curve in piano, in caso di discesa il movimento è il medesimo ma ovviamente per caricare la ruota davanti non dovrò avanzare così tanto visto che mi aiuterà la pendenza) e spingendo verso il basso il manubrio.

Io personalmente non credo nel movimento che fanno in molti in cui il braccio interno è teso o quasi e l’esterno è piegato… in quel modo andiamo a inclinare la bicicletta ma non andiamo a caricare come dovremmo l’anteriore. Credo invece che tenere le spalle in asse con la bicicletta permetta di caricare maggiormente la ruota anteriore e quindi di condurre al meglio la nostra curva.

Attenzione, anche in caso di sella alta (foto da davanti, avevo la sella alta anche se non si vede perché nascosta dai pantaloni svolazzanti) e quindi di curva da seduti, è fondamentale assumere la posizione e rispettare le regole descritte, carico sull’anteriore compreso. Lo specifico perché mi capita spesso di vedere curve fatte da seduti in cui o i piedi sono paralleli e non andiamo a caricare bene con l’esterno, o le braccia sono tese e la ruota davanti è scarica (e caso strano si chiude lo sterzo… e sbadabam).

Ingrediente segreto: posizione del piede e uso del polpaccio
Ricordate nella puntata della posizione in sella quando spiegavo di tenere la punta del piede sul pedale? Ecco che qui abbiamo il primo esempio pratico del perché serva questa posizione. Quando noi andiamo a curvare abbiamo praticamente tutto il peso sul piede esterno. È fondamentale che qui il nostro polpaccio (che comanda la flessione-estensione della caviglia) vada a lavorare il più possibile. Come detto è la nostra prima sospensione, e vi assicuro che è quella che lavora meglio sui piccoli urti. Quindi in fase di curva avremo il piede esterno che spinge sul pedale, e lo fa anche grazie alla forza impressa dal polpaccio.

Non dobbiamo andare ad abbassare il tallone (mandando a “fondocorsa” la caviglia) perché quella forza che noi imponiamo e che andiamo a creare con la rotazione della caviglia è fondamentale e produce un sacco di grip extra. Per questo motivo il piede deve essere sostenuto e il polpaccio deve lavorare per gestire le asperità del terreno e tenere sempre una pressione il più intensa possibile sulle nostre ruote…. perché ricordate che pressione significa tenuta!
(Questo aspetto è ben visibile nella foto della curva vista lateralmente e nella foto dedicata, nelle quali si vede lavorare bene il polpaccio e si vede come il tallone non scenda “a pacco” ma rimanga sempre sostenuto.)

ola!
(ps prometto che sono quasi finite le foto fatte su strada vestito da brasiliano… finalmente a breve inizieranno le foto fatte sui trail!!!!)
Jack

Cosa portarsi durante le uscite in MTB?


 6 GIUGNO 2012  di Daniel Naftali

I piccoli inconvenienti meccanici sono piuttosto comuni per qualsiasi rider: a chi non è mai capitato anche solo semplicemente di forare o di trovare una vite allentata?

Quando però si è in zone isolate, un piccolo inconveniente può facilmente trasformarsi in un grosso problema. Siete attrezzati per far fronte a queste evenienze? Il vostro zaino ha tutto quello che serve per poter riparare la bicicletta e tornare alla base in sella?

Gli indispensabili

Per quanto uno zaino possa essere capiente, purtroppo non è possibile portare con se l’intera officina di casa e bisogna pertanto scegliere in maniera intelligente cosa avere con se.

Si deve quindi fare una valutazione del rischio: quali sono i componenti maggiormente soggetti a rottura? Quali sono le rotture più frequenti? E, tra queste, quali sono quelle che rischiano di lasciarci appiedati?

Sebbene non si possa essere sempre preparati ad ogni evenienza, con i giusti attrezzi e ricambi, si possono però fronteggiare i problemi più comuni. Se il telaio si spezza a metà, c’è ben poco da fare, ma se invece dovessimo rompere la catena, con uno smagliacatena, possiamo tranquillamente ripararla.

La scelta di cosa portare con se dipende molto anche dal contesto in cui si gira. Se vado a fare un giro sulla collina dietro casa, visto che un rientro a piedi non sarebbe così drammatico, potrò accontentarmi di avere l’attrezzatura base per far fronte ai problemi più comuni, mentre se vado a fare un giro in alta montagna, in zone remote ed isolate, sarà meglio essere più attrezzati visto che rientrare a piedi non sempre è facile.

Per questo motivo ho voluto fare una classificazione di quello che è realmente necessario avere nello zaino:

– In ROSSO andremo a vedere quello che non deve assolutamente mancare quando si esce in bici, sia che si vada a girare dietro casa, sia che si vada in montagna. Si tratta dell’attrezzatura base per far fronte ai problemi più comuni, il “must have”.
– In VERDE andremo a vedere quello che è meglio avere con se durante le escursioni in montagna. Si tratta di una serie di attrezzi che possono tornare molto utili e che si rivelano indispensabili per una serie di inconvenienti potenzialmente pericolosi in questo contesto. Volendo risparmiare peso nello zaino è anche possibile organizzarsi all’interno del proprio gruppo e suddividersi quest’attrezzatura: uno porta le pinze, uno porta la pompa delle sospensioni, non serve che tutti abbiano tutto, spesso un attrezzo è sufficiente per tutti.

Multitool

Il multitool, in italiano multi attrezzo, non deve mai mancare quando si esce in bici. Si tratta dello strumento ideale per risolvere il 90% dei problemi che si possono incontrare.

Non tutti i multitool sono uguali: alcuni sono molto completi, altri mancano di alcune chiavi fondamentali. Un buon multitool deve avere:

– Chiave a brugola da 1,5-2-2,5-3-4-5-6 ed eventualmente anche da 8 per alcune guarniture. Sulle bici quasi tutte le viti sono di questo tipo, per cui è fondamentale che ci siano tutte le misure necessarie.
– Cacciavite a taglio: necessario per regolare il cambio e da usare come leva.
– Chiavi Torx: la T25 è fondamentale per le viti dei dischi e per alcune viti in ergal. Alcuni impianti frenanti richiedono anche la T15 per i collarini dei freni e la T10 per alcune viti piccole, ma in caso di emergenza queste viti possono essere serrate con una brugola.
– Smagliacatena: fondamentale per riparare la catena, se integrato nel multitool è più leggero ed occupa meno spazio.

Alcuni multi attrezzi hanno anche le chiavi per i raggi (utili) ed altri anche le chiavi chiuse per i dadi (decisamente inutili sulle moderne MTB).

Molto importante è anche la qualità e la robustezza: spesso può essere necessario far forza ed un multitool scadente potrebbe rompersi. Meglio spendere qualche euro in più per un prodotto duraturo ed affidabile!

Non dimentichiamoci poi di eventuali chiavi specifiche. Alcuni perni passanti ad esempio richiedono una chiave da 17 o 18 che non troverete mai in nessun multitool e quindi dovrete portarvi a parte.

Cacciagomme


Le forature sono all’ordine del giorno, quindi bisogna essere sempre preparati. Alcune gomme si tolgono anche a mano, ma è sempre meglio avere una coppia di caccia copertoni. Oltre che per le gomme, i caccia copertoni si rivelano utili anche per altri impieghi, come ad esempio rimandare in battuta i pistoncini dei freni.

Alcune gomme, specialmente quelle tubeless e quelle dual ply, sono difficili da stallonare. Per questo motivo è importante avere dei caccia gomme in plastica robusta. Solitamente non sono necessari più di 2 cacciacopertoni per rimuovere la gomma.

Camera d’aria


Sia che si montino gomme tubeless che con camera, avere una camera d’aria di riserva è sempre importante. Tutto si buca, anche al gomma più robusta, e non avere la camera di scorta è una brutta esperienza.

Consiglio di portare come scorta sempre camere con valvola presta: sono infatti compatibili sia con cerchi con buco grande che piccolo, per cui se qualcun altro del gruppo oltre a noi dovesse avere bisogno, possiamo star certi che andranno bene.

Pompa


Inutile avere camera di scorta e caccia gomme, ma non la pompa. La pompa dev’essere prima di tutto funzionale e deve adattarsi sia a valvole Schrader che Presta.

Le bombolette sono comode, ma non semrpe bastano a gonfiare la gomma o c’è il rischio di far fuoriuscire aria accidentalmente. Quando la bomboletta è finita è finita e se non si ha la pompa, ci si trova appiedati.

Forcellino


Uno dei componenti più esposti, il forcellino è facile che si pieghi o si rompa. Sebbene spesso la rottura del forcellino comporti anche la rottura del cambio, avere un forcellino di scorta spesso permette, con un po’ di pazienza, di sistemare il cambio in modo da avere almeno qualche rapporto disponibile.

E’ quindi sempre buona norma avere un forcellino di scorta nello zaino.

Fascette


Le fascette da elettricista pesano poco e tornano molto utili in tantissime situazioni, anche solo per fissare una guaina o un deragliatore rotto. Per il fastidio che danno, è sempre meglio tenerne una decina insieme agli altri attrezzi.

Toppe


La sfortuna ci vede bene e può capitare di forare 2 volte nello stesso giro. Anzi, è molto comune pizzicare non appena si è cambiata la camera d’aria perché si è gonfiata troppo poco la gomma.

Le toppe occupano poco spazio e possono far la differenza in queste situazioni. Esistono due tipi di toppe:

– Quelle tradizionali, che utilizzano il mastice. Consiglio di portare con se un tubicino di mastice sigillato, per evitare che con il tempo si secchi.
– Quelle autoadesive, che si applicano come un’etichetta, che però con il tempo tendono a seccarsi. Controllate ogni tanto che la colla funzioni ancora.

Le toppe non riparano una camera squarciata, ma su due camere forate si spera sempre che almeno una sia riparabile.

Viteria


Può capitare che alcune viti, una volta allentate, possano svitarsi ed andare perse. Per questo motivo avere alcune viti di ricambio non fa mai male. Oltre alle viti è sempre bene portare anche qualche altro pezzetto di ferramenta.

Consiglio quindi di preparare una scatolina con:

– Falsa maglia ed eventuali maglie di scorta, per riparare la catena. Anche un perno da spezzare non guasta mai.
– 1-2 viti pinza freno M5 in acciaio.
– 1-2 viti per le tacchette dei pedali (M4 testa conica)
– 1-2 viti e bussole per la guarnitura

Nastro americano


Il nastro americano può tutto! Si tratta di un prodotto estremamente versatile. Ci si può riparare un copertone squarciato, riparare una scarpa, fissare un deragliatore strappato o addirittura ricostruire una leva freno!

Per questo motivo un piccolo rotolo di nastro americano è sempre utile da avere.

Pastiglie freno


Trovarsi senza pastiglie freno, magari dopo aver incontrato un temporale, non è un’evenienza così rara. Per evitare di danneggiare il disco e trovarsi senza freni, conviene sempre avere una coppia di pastiglie di scorta nello zaino.

Consiglio di portare con se delle pastiglie a metà vita: non dovendo per forza mandare a completa battuta i pistoncini per installarle, sono più facili da montare.

Pinze


Un paio di pinze con tronchesina possono risolvere moltissimi inconvenienti, come ad esempio una cassetta allentata. Le trochesi consentono di accorciare guaine, cavi e tubi all’occorrenza.

Le pinze purtroppo pesano, ma esistono modelli pieghevoli da campeggio piuttosto validi. In teoria ne basta un paio nel gruppo.

In commercio esistono ottimi prodotti pieghevoli, spesso attrezzati con molti utensili che però non sempre si rivelano utili per la nostra bicicletta.

Pompa sospensioni


Anche se non si è degli smanettoni delle sospensioni, la pompetta ad alta pressione può rivelarsi utile in caso di malfunzionamenti della parte aria. Può capitare che una forcella o un ammortizzatore, che in garage sembrano perfettamente funzionanti, perdano durante l’utilizzo alcuni PSI di pressione, arrivando anche a sgonfiarsi completamente. Un conto è la tenuta statica, un altro quella dinamica.

La pompetta ad alta pressione quindi, oltre a consentire di variare il setup, può rivelarsi molto utile.

Cavo


Uno degli inconvenienti più comuni è la rottura del cavo del cambio. Si può ovviare al problema anche con procedure d’emergenza, ma per quello che ingombra un cavo del cambio nello zaino, portarsene uno di scorta non crea particolari problemi. Costa poco, pesa poco e in caso di bisogno torna molto utile!

Intervalli di manutenzione: ogni quanto mettere mano alla nostra bici?


  DANYBIKER88 IN TECH CORNER MTBFORUM

di Daniel Naftali

Vi siete mai chiesti ogni quanto revisionare la forcella, smontare il movimento centrale, ingrassare i mozzi?

Nell’articolo di oggi cercheremo di capire quali sono gli intervalli ottimali per effettuare le necessarie operazioni di manutenzione necessarie ad assicurare il miglior funzionamento di tutti i componenti della nostra bicicletta!

Intervenire prima del danno

Una filosofia molto diffusa è quella del “finchè funziona non lo tocco”. Se da un lato è inutile mettersi a smontare e rimontare pezzi perfettamente funzionanti, dall’altro però una regolare manutenzione consente di prolungare notevolmente la vita di tutti i componenti, assicurando allo stesso tempo che questi funzionino al massimo delle loro possibilità.

Quando infatti si verificano problemi è spesso troppo tardi per porvi rimedio. I componenti delle nostre bici sono meccanica semplice: quando c’è un malfunzionamento grave, nella maggior parte dei casi significa che c’è qualcosa di rotto.

Il danno è fatto! Si notino le pessime condizioni della ruota libera, segno di una scarsa manutenzione.

Inoltre le rotture si verificano spesso all’improvviso. Un componente danneggiato può lasciarci appiedanti nel bel mezzo delle montagne costringendoci ad un lungo rientro a piedi, un modo decisamente poco piacevole per terminare la giornata.

Fango, acqua, polvere e sabbia sono i nemici numero uno della nostra bicicletta. Nonostante le guarnizioni ed il grasso, questi riescono ad entrare in ogni anfratto. La regolare manutenzione serve proprio ad assicurare che i vari meccanismi (cuscinetti, perni, boccole) siano puliti ed ingrassati. Un cuscinetto che lavora pieno d’acqua è evidente che non può avere vita lunga…

Quanto usi la bici?

Definire degli intervalli di manutenzione può sembrare un’operazione banale, ma in realtà sono molti i fattori che determinano l’usura dei componenti.

Oltre al numero di ore di utilizzo è molto importante in che condizioni il mezzo viene usato. Girare nel fango è molto più logorante per i componenti che girare su un sentiero in morbido terriccio.


Girare nel fango è divertente, ma piuttosto logorante per ogni componente!

Qui di seguito prenderemo in considerazione un utilizzo tipico di una bici all mountain che prevede 1-2 uscite infrasettimanali corte (ca 600m di dislivello l’una) ed un’uscita di tutto il giorno nel weekend (1500-2000m di dislivello). L’uso in bike park è limitato a qualche giornata ogni tanto.

Gli intervalli che andremo ad analizzare dovranno poi essere adattati alle effettivo utilizzo che facciamo della bici. Chi è solito fare una sola uscita escursionistica tranquilla alla settimana potrà tranquillamente allungare questi intervalli, mentre chi pratica gravity o esce per allenarsi tutti i giorni dovrà necessariamente accorciarli.

Sospensioni

Le sospensioni delle mountain bike sono il componente più delicato ed allo stesso complicato. Per questo motivo necessitano di particolare attenzione.

I produttori consigliano specifici intervalli di manutenzione parlando di ore di utilizzo. E’ però molto difficile tenere il conto di quante ore si è usata la bici, non essendoci alcun indicatore che aiuti a tenere il conto. Allo stesso tempo non ha molto senso considerare allo stesso modo le ore di salita con le ore di discesa… Tagliamo la testa al toro quindi e decidiamo un intervallo temporale a cui effettuare le varie operazioni di manutenzione. Teniamoci cautelativi per evitare spiacevoli inconvenienti, ma è l’unico modo per poter programmare un minimo la manutenzione.

FORCELLA


Sebbene siano presenti i raschia polvere ed i raschiaolio, con il tempo, polvere e sporco riescono a superare queste guarnizioni ed entrare all’interno dei foderi. Queste particelle entrano in dispersione nell’olio, formando un mix estremamente abrasivo, letale per steli e boccole. Inoltre l’olio di lubrificazione, specialmente nelle forcelle a bagno chiuso, è molto poco. Oltre quindi a contaminarsi facilmente, con il tempo quest’olio viene disperso. Piccole quantità di olio oltrepassano le guarnizioni rimanendo attaccate allo stelo ad ogni compressione, con il risultato che l’olio si consuma ed in condizioni limite la forcella si trova a lavorare a secco. Anche l’olio dell’idraulica con il tempo raccoglie tutti gli scarti di OR e vari residui dovuti all’usura dei vari elementi, con un conseguente calo di prestazioni della forcella.

Per prevenire gravi danni agli steli ed alle boccole ed assicurare un buon funzionamento è quindi importante la regolare manutenzione. A seconda delle marche, gli intervalli possono variare:

– Rock Shox: le Rock Shox sono forcelle piuttosto durature. Consiglio di effettuare la manutenzione ordinaria di sostituzione dell’olio dei foderi ogni 6 mesi ed una revisione completa annualmente. Se la forcella viene utilizzata poco o in condizioni poco gravose, ci si può limitare ad una revisione completa annuale.
– Marzocchi: anche le marzocchi non sono particolarmente delicate, specialmente quelle a bagno aperto. Consiglio una manutenzione completa ogni 10-12 mesi, ricordandosi però che se si gira in park, nel fango o nella polvere questi intervalli vanno accorciati. Sulle forcelle a cartuccia sigillata, in caso di utilizzo frequente può essere il caso di fare un cambio d’olio dei foderi ogni 6 mesi.
– Fox: le Fox sono particolarmente delicate, in virtù anche di raschia polvere non particolarmente efficaci nel trattenere lo sporco. La sostituzione dell’olio nei foderi va effettuata ogni 4-6 mesi di utilizzo, anche più spesso se si gira in bike park in condizioni polverose. Le cartucce di tipo Fit sono invece molto ben sigillate. A meno di malfunzionamenti, una revisione annuale o ogni anno e mezzo è sufficiente.

Naturalmente girando nel fango o in condizioni di polvere, gli intervalli vanno accorciati.

AMMORTIZZATORE


Come per la forcella, anche nell’ammortizzatore con il tempo entra dello sporco all’interno della camera pneumatica. A differenza delle forcelle però il problema è spesso meno grave: le guarnizioni degli ammortizzatori sono più tenaci (devono assicurare la tenuta pneumatica ad elevate pressioni) e la loro posizione e spesso più riparata, visto che su molti telai gli ammortizzatori sono posizionati all’interno del triangolo principale.

Più che parlare di marche, in questo caso è meglio effettuare una distinzione tra ammortizzatori ad aria ed a molla.

– Ammortizzatori ad aria: ogni 6 mesi manutenzione della parte aria, ogni 12-18 mesi revisione completa dell’idraulica. Negli ammortizzatori senza piggy back l’idraulica è particolarmente stressata, quindi è preferibile anticipare la manutenzione completa a 12 mesi.
– Ammortizzatori a molla: l’ammortizzatore a molla è meno delicato, tuttavia viene quasi sempre utilizzato in ambito gravity, in condizioni piuttosto gravose. Per questo è consigliabile una manutenzione completa ad ogni stagione, ovvero ogni 10-12 mesi. Per un utilizzo particolarmente intensivo invece (DH race, ad esempio) può essere il caso di dimezzare quest’intervallo riducendolo a 6 mesi (2 revisioni all’anno).

Trasmissione

La trasmissione è composta da una serie di componenti particolarmente esposti alla polvere. Movimento centrale, ruota libera, catena e deragliatori richiedono quindi una regolare manutenzione.

CATENA

Con il tempo la catena si allunga. La causa dell’allungamento è l’usura dei perni, usura causata dalla forte tensione a cui la catena è sottoposta durante la pedalata. Una regolare lubrificazione e pulizia della catena ne allunga la vita, ma ad un certo punto arriva per forza di cose il momento di cambiarla.

Per determinare lo stato di usura della catena esistono appositi calibri. Quando il dente del calibro arriva in fondo la catena è da cambiare. In alternativa la catena è da sostituire quando la distanza tra due centro-perno distanti 24 maglie è pari a 12 pollici + 0.5%. In pratica quando supera 30.60 cm.

L’operazione di misura dell’usura catena va effettuata regolarmente in modo da sostituire la catena prima che mangi pignoni e corone. Inizialmente si possono aspettare anche 3 mesi senza particolari problemi, ma poi regolarmente si deve controllare che la catena non sia troppo lunga.

MOVIMENTO CENTRALE


Dentro al movimento centrale è facile che si depositi polvere, sabbia e soprattutto acqua, che entrando dal piantone sella (ad esempio quando si lava la bici) poi rimane intrappolata all’interno del telaio causando ruggine al movimento centrale. Anche la posizione della guarnitura non aiuta di certo: il movimento centrale è sempre esposto ad acqua, fango ed ogni tipo di sporco sollevato dalla ruota anteriore.

Nonostante le numerose guarnizioni e schermature, è comunque facile che i cuscinetti si grippino o scorrano male. Ogni ca 3 mesi è quindi buona norma smontare il movimento centrale, pulirlo per bene e darci una bella ingrassata prima che sorgano problemi ai cuscinetti. Il grasso infatti è un’ottima protezione contro acqua e sporco!

RUOTA LIBERA


Nonostante sia parte integrante del mozzo, la ruota libera può essere considerata come un elemento della trasmissione. La ruota libera è composta da una serie di dentini che ingaggiano una ghiera dentata. Lo sporco può causare il blocco dei dentini ed il conseguente malfunzionamento del meccanismo.

A seconda della qualità dei sigilli del mozzo è buona norma smontare, pulire e reingrassare questo elemento ogni 3 o 6 mesi. Quando si smonta la ruota libera è buona norma dare anche una pulita al pacco pignoni ed ingrassare il corpo ruota libera su cui si fissa la cassetta.

CAVI E GUAINE


L’esperienza di bikers ci insegna che per avere una trasmissione al 100%, cavi e guaine devono essere sempre in perfetto stato. Sporco ed acqua possono infatti entrare all’interno della guaina compromettendo la scorrevolezza del cavo ed il buon funzionamento della trasmissione.

Lo stesso cavo poi con il tempo tende a consumarsi, con il rischio di una rottura improvvisa. Poiché guaine e cavi costano poco e la loro sostituzione è piuttosto semplice, consiglio di sostituirli ogni 6 mesi, meglio se alla fine della della stagione invernale e di quella estiva.

Guaine con particolari protezioni e guarnizioni in gomma possono anche durare di più, occore però controllare, per evitare spiacevoli rotture improvvise, che il cavo non sia danneggiato specialmente in prossimità dei deragliatori.

Serie sterzo


Anche la serie sterzo richiede regolare manutenzione. Niente di particolarmente complicato: di solito è sufficiente pulire e reingrassare i vari componenti, specialmente i cuscinetti.

In questo modo ci si assicura che il tutto sia adeguatamente protetto dal grasso (che previene l’ingresso di acqua e sporco) ed allo stesso tempo non si formi ruggine.

L’operazione di manutenzione della serie sterzo va effettuata ogni ca 6 mesi.

Mozzi

La maggior parte dei mozzi moderni utilizza cuscinetti sigillati a manutenzione pressoché nulla. Mozzi di buona qualità hanno delle ottime schermature a tenuta stagna. Sul mercato esistono però anche alcuni produttori che sono rimasti fedeli al vecchio sistema a coni e sfere. Sebbene ci siano alcuni vantaggi in questo sistema, questo tipo di mozzi richiede più manutenzione.

Per questo motivo occorre distinguere tra mozzi a cuscinetti sigillati e mozzi a coni e sfere:

– Mozzi a coni e sfere: ogni 3 mesi controllare il corretto serraggio dei coni e che non ci siano giochi, ogni 6 mesi smontare e re ingrassare il mozzo.
– Mozzi a cuscinetti sigillati: ogni 6 mesi dare una pulita ed una ingrassata ai vari componenti del mozzo. Mozzi di buona qualità possono anche aver bisogno di meno manutenzione (una revisione ogni 10-12 mesi, specialmente se le condizioni di uso non sono particolarmente gravose).

Freni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Oltre a controllare ad ogni uscita lo stato di usura delle pastiglie, è buona norma ogni 3 mesi controllare che:

– Tutte le viti, sia della pinza che del disco o dell’adattatore siano correttamente serrate
– I pistoncini lavorino in maniera simmetrica
– Il disco non sia eccessivamente assottigliato

I freni che utilizzano olio di tipo DOT, per funzionare al meglio andrebbero spurgati una volta all’anno.

I freni sono un componente molto importante ed è meglio non avere sorprese!

Telaio


Gli snodi dei telai full sono costituiti da boccole o cuscinetti e come tali si usurano. Purtroppo questi snodi sono soggetti a carichi molto elevati, lavorano in condizioni di forte sporco (spesso con schermature sottodimensionate) e su angoli di rotazione molto piccoli.

Per questo motivo almeno una volta all’anno è consigliabile ispezionare il corretto funzionamento di tutti i fulcri del telaio, controllare che non ci siano giochi, che i cuscinetti girino liberamente, nonché pulire ed ingrassare dove necessario.

Alcuni telai sono particolarmente soggetti a problemi agli snodi, spesso per schermature insufficienti. In questi casi l’intervallo di manutenzione è da dimezzare (6 mesi).

Altri componenti

Ci sono poi altri componenti, che possono essere presenti o meno sul nostro telaio e i cui intervalli di manutenzione variano a seconda del produttore.

I pedali ad esempio possono richiedere più o meno manutenzione. E’ ad esempio noto che i pedali di alcune marche vadano periodicamente revisionati, mentre quelli di altre sono “monta e dimentica”.

E’ poi importante, almeno una volta al mese, massimo ogni due, controllare il corretto serraggio di tutte le viti del telaio. Chiave dinamometrica e frena filetti alla mano, è un’operazione che non richiede molto tempo ma permette di evitare rotture o spiacevoli inconvenienti.

Tabella riassuntiva

L’articolo di oggi è stato abbastanza lungo, spero che non vi siate persi! Per evitare che ogni volta dobbiate rileggervi tutto, ho preparato una pratica tabella riassuntiva degli intervalli di manutenzione che abbiamo analizzato per i vari componenti.

Ricordiamoci sempre che questi intervalli sono relativi ad un utilizzo medio e che vanno poi calibrati in base all’effettivo utilizzo che si va a fare della bicicletta. Per cui se siete degli assidui frequentatori di bike park dovrete sicuramente accorciare alcuni di questi intervalli, mentre se siete dei weekend warrior e girate solo una volta la settimana, allora potrete allungarli senza incorrere in particolari problemi

Le 5 misure fondamentali del setup ottimale


25 APRILE 2012 DI DANYBIKER88

di Daniel Naftali. Tratto da http://www.mtb-forum.it

L’assetto ideale delle nostre bici si raggiunge spesso dopo numerose prove ed esperimenti sul campo. Si provano diverse soluzioni, fino a che non si trova il miglior compromesso per le proprie esigenze. Un lavoro lungo, che però rischia di essere vanificato quando si smonta la bicicletta per effettuare la manutenzione o si compra un mezzo nuovo.

Come fare quindi per non dover ogni volta ricercare l’assetto ottimale? Nell’articolo di oggi vedremo proprio quali sono le misure utili da ricordare per poter ripristinare il giusto assetto della nostra bicicletta.

Leve freno

Avevamo già visto in precedenza come il corretto posizionamento delle leve freno consenta di evitare indolenzimenti ed infiammazioni alle mani, per cui è estremamente importante che le leve siano sempre posizionate correttamente.

Sono purtroppo molti i lavori che richiedono di smontare le leve dal manubrio, come ad esempio lo spurgo dei freni, la sostituzione di un manettino o del manubrio stesso.

La prima misura che dobbiamo quindi annotare è proprio la distanza del collarino della leva freno dall’estremità del manubrio.

La misurazione è estremamente semplice da effettuare: metro alla mano, si posiziona un’estremità a contatto con la parte esterna del collarino della leva freno e si misura la distanza dal bordo del manubrio.

Utilizzando due freni uguali questa distanza dovrebbe essere identica (a scarto di qualche millimetro naturalmente) da entrambe le parti. Se questo non si verifica significa che una leva è posizionata in maniera scorretta.

Non è invece di particolare rilevanza la posizione dei manettini. I manettini devono essere semplicemente posizionati in modo che siano comodi da raggiungere e che non interferiscano con il pollice quando si impugna la manopola. In genere si posizionano dopo aver regolato la posizione delle leve freno collocandoli nello spazio rimasto a destra o a sinistra della leva freno.

Altezza manubrio

Un altro parametro critico, che influenza sia la guidabilità della bici che la posizione in pedalata, è l’altezza del manubrio.

Come sappiamo bene infatti tramite il rise del manubrio, lo stack delle calotte della serie sterzo e gli spessori sotto lo stem, si può regolare l’altezza del manubrio.

Quando dobbiamo smontare il manubrio per delle operazioni di manutenzione è sufficiente ricordarsi il corretto ordine degli spessori, tuttavia quando si cambia telaio cambia l’altezza della scatola sterzo, nonché lo stack delle calotte e quindi il discorso si fa più complicato.

Per poter ripristinare la stessa altezza del manubrio è quindi importante sapere la misura totale della scatola sterzo, compresi gli spessori.
La misura si prende dalla parte esterna della calotta inferiore fino all’attacco manubrio. In questo caso misuriamo 55mm.

Quando andremo a montare una nuova bici, sapendo di utilizzare un manubrio con lo stesso rise e una forcella di pari altezza, andremo a riportare questa misura. Per ripristinare l’assetto della vecchia bici andremo quindi a vedere se questa misura è cambiata ed aggiungeremo o toglieremo spessori sotto l’attacco manubrio a seconda delle necessità.

Attenzione però quando si cambia tipologia di bici, passando magari da una AM da 140mm ad una enduro da 160: in questo caso non è assolutamente detto che l’assetto della vecchia bici si riveli ottimale anche per la nuova, potrebbe essere preferibile tenere il manubrio un po’ più basso per compensare la maggiore altezza della forcella.

Inclinazione manubrio

Un altro parametro critico riguarda l’inclinazione del manubrio. Non c’è una regola fissa riguardo al posizionamento del manubrio, ognuno lo posiziona come meglio si trova.

Una volta però trovato il corretto posizionamento è importante riuscire a mantenerlo e riuscire a ripristinarlo se si smonta il manubrio.

Sui manubri di qualsiasi marca sono presenti delle tacche, che oltre ad aiutare a centrare il manubrio, consentono di avere un riferimento per quanto riguarda l’inclinazione dello stesso.

Come vediamo nella foto, in questo caso il manubrio è posizionato con la tacca più lunga a filo della piastra esterna dell’attacco. Altri manubri, oltre alle tacche hanno anche dei numeri per facilitarne il riposizionamento, questo no ma la diversa larghezza delle tacche funge da riferimento.

Annotiamoci come era posizionato, in questo modo potremo ripristinare l’assetto senza perdere troppo tempo. Può essere anche utile fare un segno, con un pennarello od un po’ di vernice, sul manubrio e sull’attacco, trucchetto utilizzato da molti rider.

Quando si cambia la bici però è possibile che l’angolo sterzo del nuovo mezzo non sia lo stesso di quello vecchio. In tal caso il posizionamento che utilizzavamo in precedenza potrebbe non rivelarsi ottimale anche per il nuovo.

Distanza sella-manubrio

Oltre alla zona sterzo, anche la zona sella ricopre un ruolo di primaria importanza per quanto riguarda l’assetto della bici e la posizione in sella.

La distanza sella manubrio è infatti estremamente importante in quanto determina la posizione del busto e l’inclinazione della schiena. Una posizione troppo distesa o troppo seduta possono causare perdita di efficienza nella pedalata, tendenza della bici ad impennarsi o dolori ed infiammazioni nella zona lombare.

E’ quindi importante, quando si smonta la sella, riuscire a ripristinarne il corretto posizionamento.

La distanza sella manubrio è determinata da diversi fattori: lunghezza dell’orizzontale virtuale, inclinazione dell’angolo sella, avanzamento sella, arretramento del reggisella, lunghezza della pipa. I primi due parametri dipendono dalle geometrie del telaio, i successivi tre dallo stem, dal reggisella e dal posizionamento della sella. È proprio su questi che possiamo intervenire su una bici nuova per modificare la distanza sella-manubrio.

La misura si prende semplicemente determinando la distanza tra il centro del manubrio e la punta della sella.

La sella va posizionata all’altezza di pedalata in modo da avere un preciso riferimento: infatti variando l’altezza della sella si va a modificare la misura che andremo a leggere, in quanto varia l’inclinazione della linea che congiunge il manubrio con la sella (maggiore inclinazione, maggiore lunghezza).

Poiché l’avanzamento della sella andrebbe determinato in base al posizionamento delle ginocchia, è sempre preferibile, quando si vuole aumentare o diminuire la distanza sella manubrio, modificare la lunghezza dello stem o cambiare la taglia del telaio.

Altezza sella

Forse il parametro più critico, l’altezza sella è estremamente importante quando si pedala. Una sella posizionata male oltre a rendere meno efficiente la pedalata affaticando maggiormente la muscolatura, crea problemi di infiammazione al ginocchio ed all’anca.

E’ quindi fondamentale annotare sempre la misura dell’altezza della sella. Una soluzione molto pratica che consiglio a tutti, è quella di segnare il reggisella nella posizione ottimale di pedalata con una piccola incisione:

Il segno in questo caso è stato fatto con un cacciavite, in modo che sia permanente ed indelebile anche quando si lava la bici. Su cannotti in carbonio è preferibile evitare di incidere il materiale e quindi è meglio utilizzare un pennarello indelebile.

Quando però si cambia telaio, non è detto che la lunghezza del piantone sella rimanga invariata. Per ripristinare la corretta altezza della sella è quindi necessario misurare la distanza dall’asse del movimento centrale fino alla testa del reggisella.

La misura va effettuata a partire dall’asse del movimento centrale. Per facilitare la misura è consigliabile posizionare la pedivella parallela al terreno ed utilizzare l’intaglio come riferimento. La misurazione seguirà una linea che solitamente non è parallela al piantone sella, piantone che spesso è inclinato diversamente, non è dritto o va a terminare in una posizione più avanzata o arretrata rispetto al movimento centrale. A noi questo non interessa poiché per le nostre gambe quello che conta è la distanza tra la sella e l’asse del movimento centrale. L’inclinazione del piantone determina solo l’angolo sella.

Sul reggisella è importante trovare un riferimento preciso per la misurazione, cosa non sempre facile. Un buon riferimento può essere ad esempio il binario della sella, oppure un particolare punto della grafica o di una scritta.

Con questo è tutto. In realtà ci sarebbero altre misure e regolazioni che andrebbero sempre ricordate, come ad esempio il posizionamento delle tacchette o le varie regolazioni delle sospensioni, ma sono cose che non riguardano il telaio.

Consiglio sempre di preparare un foglio di carta su cui riportare tutte queste misure, in modo da averle sempre a portata di mano in caso di bisogno. Quando cambierete la bici e vi troverete a cercare il giusto assetto, quel foglio tornerà molto utile!

Il primo giro con il GPS



Dopo anni di slanci di entusiasmo e dubbi amletici, finalmente ho deciso di provare il gps sulla mia MTB.

Ho optato per il modello base della Garmin, l’EDGE 200 per tanti motivi. Il primo è che volevo un prodotto leggero e semplice da usare: non mi hanno mai interessato le frequenze cardiache, il contapedalate e il sensore di potenza; il secondo è che economicamente è molto vantaggioso, costando poco più di un contachilometri altimetrico standard di cui potrebbe tranquillamente prendere il posto sul manubrio della bicicletta. Il terzo è che Garmin è il leader di mercato dei GPS e offre una molteplicità di servizi on-line che tutti possono condividere, anche quelli che non posseggono un GPS, per esempio scaricando il mio giro e rifacendolo per confronto agonistico o solo per piacere.

Spero solo che sia il primo di una lunga serie. MTB!

Ed ecco qua il mio giro a Ciola di Mercato Saraceno: 70 km in 3 h e 28′. Andatevelo a rivedere.